IL CONSENSO CI SALVERÀ?
- aspasiatutteledonn
- 14 gen
- Tempo di lettura: 4 min
"A finire in trappola ancora una volta sono le donne"

Nel manuale di Amnesty International Il consenso è condivisione, E' rispetto dell'altro, che promuove la campagna #iolochiedo, l'importanza di comunicare chiaramente la propria volontà durante un rapporto è ritenuta fondamentale per contrastare la violenza di genere, in particolare la violenza sulle donne.
Quindi, il consenso ci salverà?
Facciamo un passo indietro.
Il primo libro di questo 2025 è stato per me:
Il sesso che verrà di Katherine Angel
Credo sia doveroso dedicare l'intera newsletter al concetto di consenso illustrato e sviscerato dall'autrice.
Partiamo dal presupposto che ho deciso di leggere quest'anno
solo libri che mi prudano.
In che senso?
Avete presente quando siete in libreria, prendete un libro in mano, ne leggete il retro o qualche pagina e una frase vi dà fastidio al punto che senza accorgervene alzate un sopracciglio o aggrottate la fronte?
Quella frase e quel pensiero vi prudono.
Cosa? L'intelletto.
Ecco, mi è successo a novembre, quando sono andata in una libreria a Guastalla a parlare del progetto Aspasia e ho letto la breve descrizione della quarta facciata del libro: Il sesso che verrà. Donne e desiderio nell'era del consenso di Katherine Angel.
Più precisamente mi sono imbattuta nella frase: "A finire in trappola, ancora una volta, sono le donne, invitate a proclamare il loro desiderio in maniera inequivocabile in nome dell'odierno concetto di consenso".
In che senso in trappola?
Molto probabilmente, in quel momento, vista da fuori, avrò avuto la faccia aggrottata e il sopracciglio destro alzato.
Madonna che prurito all'intelletto: "Lo compro!"

A Gennaio era tempo di capire dove quel prurito mi avrebbe portata.
Prima di aprire il libro e iniziare a leggere, ho "sfogliato" nella mia mente ciò che sapevo e credevo appurato sul concetto di consenso.
Ho così ripensato a Rebecca Solnit, Roxane Gay e Bell Hooks, tutte celebri femministe che ribadiscono l'importanza di esplicitare il consenso e rispettarlo come soluzione per contrastare le dinamiche di potere e di violenza.
Tutto ciò per me era impossibile da mettere in discussione, ma ero anche stanca di navigare dentro gli algoritmi studiati appositamente per i miei contenuti e le echo-chambers che non mi davano mai spunti di riflessione in contrasto con il mio pensiero, se non osceni commenti da uomini patologicamente patriarcali.
Primo capitolo.
"Sul consenso".
La differenza dal mio punto di vista, dalle mie riflessioni, ma anche da pensieri di molte scrittrici e scrittori, era che secondo l'autrice non viene preso in considerazione, non abbastanza, il fatto che il consenso sia strettamente legato al concetto indeterminabile e sfuggente del desiderio, del desiderio del sesso e quindi della sua inevitabile confusione e scoperta.
Mi spiego meglio, ovvero Katherine lo farà.

Prima di tutto, come scrive l'autrice, se parliamo di rapporti sessuali, le donne non vengono considerate agenti paritari nel godimento sessuale.
"A tutto ciò si somma la violenza, che affligge le donne in maniera altrettanto sproporzionata. Una donna su cinque subisce uno stupro o un tentativo di stupro durante la sia vita e un terzo dei partner sessuali commette violenza contro le donne; questi numeri crescono enormemente se si tratta di
donne di colore."
E fin qui, voi direte: lo sappiamo o lo ribadiamo.
Il consenso dove si inserisce, quindi, in questo
squilibrio di potere?
Nella richiesta alla donna di conoscere la propria volontà, il proprio desiderio e di doverlo esprimere con determinazione, anche più di una volta e in più di una circostanza.
Altrimenti?
Altrimenti non vi è il consenso.
Ma come ci ricorda Katherine Angel, "molte delle esperienze sessuali a cui le donne danno il consenso sono indesiderate; se accettano è perchè sono costrette a farlo, perchè hanno bisogno di sfamare sè stesse e le loro famiglie o di non correre pericoli. Le donne, in tutte le parti del mondo, ogni giorno, acconsentono al sesso perchè sentono di non aver altra scelta."
Oltre perciò al carico di responsabilità, di sapere ciò che vogliamo in dinamiche in cui spesso ci ritroviamo a confrontarci, a capire, ancora prima di sapere se ci piacciono o no, si aggiunge la necessità che il consenso non sia legato al nostro desiderio, alla nostra volontà stessa, ma a situazioni fuori da noi.
Quindi, vi ripropongo la domanda:
Il consenso ci salverà?
O meglio la cultura del consenso basterà a salvarci dalla violenza?
La cultura del consenso, pur nascendo con l'intento primario di tutelare le donne, soprattutto nell'ambito giuridico, rappresenta un necessario e profondo mutamento nella concezione delle relazioni interpersonali e nel riconoscimento dell'autenticità del "NO". Quest'ultimo, infatti, riacquista la propria integrità semantica, liberando le donne dal pernicioso pregiudizio secondo cui il rifiuto sarebbe da interpretare come "una supplica civettuola per innescare una persuasione ad alta carica erotica."
Tuttavia, il consenso non si limita alla negazione: esso contempla anche la piena capacità, paritaria e consapevole, di rivestire il ruolo di soggetti attivi, autorizzandoci a esprimere liberamente il desiderio di intraprendere, noi stesse, un rapporto sessuale, così come a ritirarci da esso in qualsiasi momento, qualora la nostra volontà mutasse.
Anche in assenza di un consenso pienamente libero, o qualora questo sia espresso per necessità e non per volontà autentica, permane il diritto inalienabile, mio e di ogni individuo, di sentirsi protetto e al sicuro nella scoperta di sè, del proprio corpo e della propria sessualità, in ogni fase della vita.
Tale tutela si realizza attraverso l'educazione al rispetto reciproco, che assegna a uomini e donne una responsabilità condivisa e paritaria nel comunicare anche nelle situazioni di incertezza, soprattutto durante l'intimità.
Il consenso, pur non essendo da solo esaustivo e caricando, di nuovo, le donne del peso delle azioni che subiscono, costituisce un fondamento imprescindibile per un'educazione sessuo-affettiva capace di restituire al vivere il sesso quella dimensione di libertà e autenticità che Michel Foucault auspicava nella sua analisi delle relazioni di potere e del desiderio.
Vanessa Piccinini
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